Giallo Siena
“Dalla Montagnola giungono inoltre pregevoli marmi bianchi e colorati; le masse marmoree di maggiore importanza sono quella di Montarrenti […] e quella di Marmoraia. In questo luogo, ed altrove […], sono numerose cave, tanto di marmo bianco, quanto del rinomato giallo di Siena […]”.
– (Francesco Rodolico (1953) – Le pietre delle città d’Italia – Le Monnier, Firenze).
– Uno nessuno e centomila (Luigi Pirandello – 1926).
Chissà perché tutte le volte che penso al Giallo Siena mi frulla nella testa il titolo di pirandelliana memoria. Uno, nessuno e centomila… e come Vitangelo Moscarda, il personaggio del romanzo, il Giallo Siena si trova imprigionato in un nome che ha un peso ponderale ed una storicità enorme. Giallo Siena. “Nato” commercialmente in sordina per affiancare il Marmor Numidicum, esso è nessuno e centomila. Ma sapete quante sono le tipologie di Giallo Siena? Tante! E tra queste ricordiamo il Giallo Broccatello, il Nuvolato Etrusco, il Giallo Ocra, il Giallo Venato, il Rosato e il Giallo Avorio, solo per citare le più importanti e famose, e tutte con questo filo conduttore del colore del sole e dell’oro. Più o meno intenso, più o meno diffuso. E si sa, troppe identità rischiano di offuscare la realtà, con il rischio di ingenerare confusione. Ma se la realtà è così eccezionale, comunque le sue centomila sfaccettature riconducono sempre lì, a quel “e pluribus unum”: il Giallo Siena.
Descrizione macroscopica
Litotipo metamorfico di colore d’insieme giallo ocra molto intenso, di aspetto eterogeneo per la presenza di venature a granulometria variabile o per locali mutazioni cromatiche dal giallo al bianco avorio al grigio perla fino al rossastro.
La grana è fine, tale da non consentire il riconoscimento macroscopico dei minerali costituenti, anche se sono presenti plaghe costituite da individui a grana più grossolana solitamente associate a tonalità cromatica più chiara.
La sua accentuata struttura anisotropa per la disposizione sub parallela di micro venature – probabili giunti stilolitici deformati – di colore scuro e di rare venature di colore rossastro, sono le tracce evidenti di una condizione compressiva subita. Sono inoltre presenti una serie di fratture e di microfratture localmente evidenziate da locali concentrazioni di minerali opachi ad andamento perpendicolare all’anisotropia del materiale, talora beanti.
La roccia non presenta traccia di alterazione.
Descrizione microscopica
Litotipo a struttura anisotropa lineata con microstruttura eteroblastica che, di fatto, individua domini differenti ad andamento variabile, xenoblastica per la netta prevalenza delle forme irregolari dei costituenti. La roccia mostra una evidente lineazione strutturale con andamento sub parallelo di lamine costituite da individui di dimensioni differenti, passando da lamine con cristalli di dimensioni di circa 30 – 50 µm, alternati a lineazioni di blasti di circa 300 – 500 µm. L’allineamento di tali individui è regolare, anche se sono osservabili venature dall’andamento convoluto.
I cristalli allungati presentano generalmente un andamento sub parallelo alle lamine.
Sono presenti più o meno esili venature con dimensioni solitamente minori di 100 µm costituite da lamelle muscovitiche spesso deformate e associate a minerali opachi costituiti da ossidi di ferro di tipo limonitico e, come da bibliografia, da goethite di colore rossastro quando massivo, grigiastro in luce riflessa, e in subordine con raro rutilo. Tali associazioni mineralogiche possono localmente generare degli aggregati nodulari.
Dispersi nella sezione, ma specialmente in coincidenza di venature e lamine dovute a variazioni dimensionali dei costituenti (ad esempio in quelle con i costituenti di dimensioni maggiori, pari a 700 ÷ 800 µm), si nota la presenza di individui cristallini costituiti da quarzo limpido, anche se talora con inclusi bollosi, e feldspati. Entrambi presentano forme euedrali o in subordine subedrali e tendono a orientarsi parallelamente alle foliazioni.
In tutta la sezione, sia tra i blasti sia nel loro interno quali inclusi, possiamo avere una diffusa microgranulazione di minerali opachi.
I bordi dei cristalli possono essere rettilinei in coincidenza dei blasti dimensionalmente maggiori, oppure si presentano generalmente a gradini.
Nella sezione sono presenti tracce di roccia premetamorfica e probabili bioclasti non definibili a causa dell’eccessiva deformazione subita.
La roccia si presenta sana.
Descrizione Petrografica (secondo EN 12407 e EN 12670) MARMO
Geologia
L’attività estrattiva del Giallo Siena viene sviluppata sul versante sud occidentale della Mantagnola Senese, area collinare di modesti rilievi con quote massime pari a 671 metri s.l.m. (Monte Maggio), che si trova a Nord della gola della Resia, ed è delimitata a ovest dall’Alta Val d’Elsa e ad est dalle antiche piane lacustri di Pian del Lago.
La Montagnola Senese, propaggine settentrionale della “Dorsale Monticiano – Roccastrada”, è, di fatto, il maggior affioramento del “Complesso Metamorfico Toscano” di cui essa costituisce uno dei nuclei metamorfici che, allineati all’arco appenninico, affiorano a partire dalla zona di La Spezia, giù in Toscana fino all’area senese grossetana.
La Montagnola Senese è costituita da rocce metamorfiche polideformate che fanno parte dell’Unità geologica denominata di “Monticiano-Roccastrada”, a sua volta costituita dalle Sottounità di Montepescali – Monte Quoio-Iano che affiorano nel settore più occidentale e che sono localmente in sovrascorrimento sulla Sottounità di Monte Leoni-Montagnola Senese, affioranti più a oriente. Localmente sono anche presenti alcune aree di sovrascorrimento alle unità del Complesso Metamorfico, costituite da klippen di Calcare Cavernoso: “cappelli” di Calcare Cavernoso di età più antica sovrapposti sulle unità più recenti che appaiono però poste più in basso nella successione, testimoni di immani sconvolgimenti che si sono divertiti a mescolare e a scombinare le carte geologiche di una partita ancora tutta da giocare.
Tutte le rocce del Dominio Toscano hanno un’origine sedimentaria poiché si sono formate per deposizione nel mare della Tetide durante un primo evento distensivo avvenuto dal Trias medio/superiore fino al Lias inferiore, che ha provocato la frattura del vecchio continente ercinico e il suo disgregarsi in alti e bassi strutturali con una conseguente diversificazione del materiale sedimentario depostosi e del suo spessore. Tutto il materiale sedimentario, quindi, fin dall’inizio presenta una condizione di variabilità spiccata anche per le facies in eteropia, cioè sedimentatesi nello stesso momento geologico anche se in bacini sedimentari con caratteristiche differenti. Tra il Lias e l’Oligocene la zona, pur nel rispetto delle condizioni di alto e basso strutturale e addirittura con qualche sporadica emersione, si trova in ambiente marino profondo, con condizioni di sedimentazione maggiore; ma a partire dall’Oligocene superiore fino alla parte bassa del Micene durante la fase compressiva, che ha portato all’impostazione dell’orogenesi alpino-appenninica, tutto il dominio Toscano ne risulta sconvolto e quando poi l’evento compressivo si sposta verso l’avampaese, cioè in coincidenza del Dominio Umbro-Marchigiano, esso subisce l’impostazione di una tettonica isostatica e distensiva con conseguente sollevamento e fratturazione dell’area. Durante l’evoluzione di tutto questo periodo geologico, si ha l’impostazione di un evento metamorfico in facies di scisti verdi (cioè con temperature comprese tra 350 e 450°C e pressioni variabili tra 0.35 e 0.6GPa) e la continua sovrapposizione di strutture duttili, pieghe che possono avere dimensioni estremamente variabili (metri; ettometri…) fino a chilometriche e sistemi di fatturazioni e faglie sempre molto intense e che si manifestano, come accade nel caso dei marmi toscani, secondo tre direzioni preferenziali. Questa intensa variabilità tettonica definisce e imposta la complessità strutturale degli affioramenti locali, e in special modo del Giallo Siena, per il quale è la causa prima della produzione di grandi quantità di scarti, spesso utilizzati come inerti.
La sotto unità di Monte Leoni-Montagnola Senese è quella che in realtà interessa maggiormente dal punto di vista estrattivo, poiché è da questa sottounità che provengono i marmi cavati nella Montagnola. Essa è caratterizzata, a partire dal basso, dal Verrucano s.s. (Trias medio?-superiore) costituito prevalentemente da quarziti. Sopra questo i Grezzoni (Trias superiore), costituiti da dolomie e calcari dolomitici cui sono sovrapposti i Marmi (databili al Lias inferiore) costituiti da marmi da bianchi, grigi più o meno scuri, massicci, ancorché fratturati, fino a marmi con toni giallo ocracei tipici del così detto Giallo Siena, con struttura più marcatamente stratificata. Sopra i Marmi, una serie di litotipi differenti, anch’essi metamorfosati e genericamente definiti “gruppo delle formazioni metamorfiche sopra i marmi”.
Cave
Il Giallo Siena è senz’altro, e a ragione, tra i più bei materiali italiani. Bello e impossibile, verrebbe da dire parafrasando Gianna (Nannini), che proprio a Siena ebbe i natali. Tanto bello e tanto difficile da estrarre a causa di una genesi metamorfica con vergenze analoghe a quelle apuane che, se da un lato hanno consentito la trasformazione di materiale sedimentario in pregevole marmo dai toni caldi per l’infiltrazione di goethite e ossidi limonitici i quali, dispersi dell’ammasso, vi donano una fantastica ed unica tonalità giallo oro, dall’altro hanno determinato una non semplice situazione giacimentologica.
L’estrazione del Giallo Siena ha una tradizione storica che si perde nella notte dei tempi. Addirittura, secondo Bruno e Lazzarini (1995), i materiali di quest’area erano già estratti in età romana imperiale, anche se è durante il Medioevo che esso viene estratto non più e non solo con la finalità di un utilizzo locale, ma esplicitamente per la sua conclamata bellezza, e con finalità mirate all’uso in edifici religiosi. Ovviamente però, l’approccio estrattivo è sempre stato molto limitato arealmente: tante piccole cave dalle quali è provenuto il materiale utilizzato a Siena, a Firenze, a Orvieto…
E se nei primi cinquanta anni del ‘900, erano molte le cave aperte per estrarre questo stupendo materiale, negli anni ’70 inizia il declino, con un calo delle maestranze occupate che passano da 263 a 61. Negli anni ’80 le cave attive erano solo 4 – 5, per arrivare ai nostri giorni con un numero di 7 cave attive. Sei di queste (Cavone di Pelli, Pescina, Marronetone, Cancello del Prete, Pian delle Croci e S. Michele) si trovano nella zona centrale dell’agro Marmifero della Montagnola, mentre la cava di Pagaccino è posta più a Sud, nei pressi del Castello di Montarrenti.
Cavare il Giallo di Siena vuol dire che se da un lato si ha la certezza e la garanzia di un litotipo assolutamente unico, dall’altra vuol dire dolori, patimenti e difficoltà. Innanzi tutto poiché l’attività estrattiva è localizzata in un ambito di elevato valore ambientale, individuata dalla Regione Toscana come Sito d’Interesse Regionale n°89 Montagnola Senese oltre che pSIC (Sito di Interesse Comunitario), ma anche perché il giacimento, generalmente massiccio tranne al tetto della formazione dove si presenta particolarmente stratificato, è caratterizzato da un’intensa fratturazione che comporta l’estrazione di blocchi sia informi e sia di dimensioni ridotte, compreso una alta quantità di sfrido. Ad ogni buon conto, nuovi approcci ad un’attività estrattiva innovativa e green attualmente in fase di sperimentazione nella zona, stanno aprendo uno spiraglio a nuove aspettative di produzione.
Utilizzi
Materiale dal colore unico, giustamente considerato tra i più belli d’Italia, è impiegato per statuaria, oggettistica, rivestimenti e pavimenti interni, intarsi e mosaici, e in tutti quei casi in cui il punto di forza del materiale debba essere dato dal colore, senza dimenticare però la sua importanza nell’impiego in interventi di restauro.
La sua composizione carbonatica lo rende particolarmente adatto a un utilizzo in ambienti interni o, per esterni, in ambienti temperati. Sempre ricordando che, come accade per tutti i materiali costituiti da carbonato di calcio, soffre il contatto con prodotti alimentari o per la pulizia, di composizione acida (aceto, limone, acido cloridrico, prodotti anticalcare), allo stesso modo può macchiarsi se posto a contatto con prodotti quali vino, tè, inchiostro, sostanze grasse. Per la pulizia è ottimale l’uso di buon sapone di Marsiglia neutro evitando, se possibile, anche l’uso di prodotti a base di candeggina non purificata che potrebbe macchiare. Esiste comunque, ed è sempre più perfezionata e mirata, la possibilità di trattare superficialmente i litotipi carbonatici in modo che acquisiscano un’elevata tenacità e capacità di resistenza alle macchie senza che ingialliscano.
Tracce del suo utilizzo sono presenti nelle pievi di Pieve a Scola, di Pernina e Marmoraia, nel Duomo di Siena, nelle Logge del Papa, nelle Logge della Mercanzia, sempre a Siena. Ma anche a Firenze (Santa Maria del Fiore) e Orvieto (Duomo di Orvieto).
E se le varietà più bianche venivano un tempo usate come ornamenti per esterni e pietre da costruzione come conci, quelle più gialle erano utilizzate per realizzare motivi ornamentali, come si può ammirare nei mosaici pavimentali del duomo di Siena.
Anna Maria Ferrari
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